IL GIUDICE DI PACE DI MASSA 
 
    In persona del dott. avv. Alfredo Bassioni, ritiratosi in  camera
di consiglio il 5 giugno 2019, nel procedimento n. 183/2019; 
    Attori: signori Macovila Dorjan (c.f. MCVDJN80P28Z100G), nato  il
28 settembre 1980 a Lezhe (AL) e residente a Seravezza (LU), via  Don
Minzoni n. 211/O e Davidikova' Jana (c.f. DIVRJNA82H50Z155V), nata il
10 giugno 1982 in Slovacchia e residente a Zilina,  via  Jasenova  n.
16. 
    Con: 
        il prof. avv. Alfonso Celotto  (c.f.  CLTLNS66B23C129E),  del
Foro di Roma,  con  studio  professionale  in  Roma  (00198-RM),  via
Salaria n. 89 e 
        l'avv. Margherita Kosa (c.f. KSOMGR80T45Z129R), del  Foro  di
Milano, con studio professionale in Milano (20146-MI), via Washington
n. 98. 
    Contro: 
        convenuta: Prefettura di Massa Carrara - Ufficio territoriale
del Governo di Massa Carrara  (c.f.  n.  80003940451),  con  sede  in
piazza Aranci n. 35, Massa (54100-MS). 
1. Procedimento principale 
  1. Esposizione succinta del procedimento. 
    Con ricorso depositato in data 27  febbraio  2019,  i  ricorrenti
signori Macovila Dorjan e Davidikova' Jana promuovevano  un  giudizio
nei  confronti  della  Prefettura  di  Massa  Carrara   per   sentire
dichiarare la nullita' della contravvenzione n. 700013778275  del  17
febbraio 2019, elevata dalla Polizia stradale di Massa Carrara, sulla
base del comma 1-bis dell'art. 93 del codice della strada. 
    La domanda  dei  ricorrenti  e'  diretta  all'accertamento  della
nullita' della suindicata contravvenzione, in quanto, ad avviso degli
stessi, veniva elevata sulla base di una norma  in  palese  contrasto
con la Costituzione italiana  e  quindi  in  violazione  dei  diritti
fondamentali della persona. 
    La convenuta, costituitosi in  giudizio,  riteneva  infondata  la
domanda attorea e conseguentemente richiedeva la conferma del verbale
impugnato. 
2. Breve illustrazione dei fatti di causa. 
    I ricorrenti, Macovila Dorjan e Davidikova' Jana, sono coniugi. 
    Il sig. Macovila e' residente in Italia, mentre la di lui  moglie
vive in Slovacchia e risulta residente solo in Slovacchia. 
    Il giorno in cui la signora si trovava in Italia  e  precisamente
in data 17 febbraio 2019, i coniugi decidevano di recarsi  presso  un
supermercato al fine di fare la spesa. 
    A  tal  fine  utilizzavano  l'auto   della   sig.ra   Davidikova'
immatricolata in Slovacchia. 
    Il mezzo veniva condotto inizialmente dalla sig.ra Davidikova'  e
successivamente dal sig. Macovila. 
    In questa occasione i  coniugi  venivano  fermati  dalla  Polizia
stradale di Massa Carrara e veniva  elevato  al  ricorrente,  nonche'
alla  moglie,  in  quanto  proprietaria  del  mezzo,  il  verbale  di
contravvenzione n. 700013778275 e contestualmente veniva disposto  il
sequestro dell'auto, per violazione dell'art. 93 comma 1-bis del CdS,
in quanto il sig. Macovila, residente da piu' di sessanta  giorni  in
Italia conduceva un'auto targata all'estero. 
2. La Norma in relazione alla quale si solleva il dubbio 
1. Disposizioni di legge ritenute in contrasto con la Costituzione. 
    Con il « Decreto di Sicurezza » (legge 1° dicembre 2018, n.  132,
recante la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
4 ottobre 2018, n. 113),  in  vigore  dal  4  dicembre  2018,  veniva
modificato il codice della strada ed in particolare  veniva  aggiunto
all'art. 93 il comma 1-bis e 1-ter. 
    Secondo il succitato comma 1-bis: 
        « Salvo quanto previsto dal comma 1-ter, e' vietato, a chi ha
stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni,  circolare
con un veicolo immatricolato all'estero ». 
    Il comma 1-ter prevede che: 
        « Nell'ipotesi di veicolo concesso in leasing o in  locazione
senza conducente da parte di un'impresa costituita in un altro  Stato
membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo  che  non
ha stabilito in Italia una sede secondaria o  altra  sede  effettiva,
nonche' nell'ipotesi di veicolo concesso in comodato  a  un  soggetto
residente  in  Italia  e  legato  da  un  rapporto  di  lavoro  o  di
collaborazione con un'impresa costituita in  un  altro  Stato  membro
dell'Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che  non
ha stabilito in Italia una sede secondaria od  altra  sede  effettiva
nel  rispetto  delle  disposizioni  contenute  nel  codice   doganale
comunitario, a bordo del veicolo deve essere custodito un  documento,
sottoscritta  dall'intestatario  e  recante  data  certa,  dal  quale
risultino il titolo e la durata della disponibilita' del veicolo.  In
mancanza  di  tale  documento,  la  disponibilita'  del  veicolo   si
considera in capo al conducente ». 
    Secondo la succitata norma, quindi, al soggetto residente da piu'
di sessanta giorni in Italia  e'  vietato  condurre  un'auto  targata
all'estero (a chiunque  fosse  intestata)  e  gli  e'  consentito  di
condurre  solo  auto  immatricolate  in  Italia,  salvo  pochi   casi
eccezionali, peraltro palesemente discriminatori. 
    Le sanzioni previste per la violazione del comma 1-bis, ex  comma
7-bis, sono: 
        « ...la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
euro 712 a euro 2.848. 
    L'organo  accertatore  trasmette  il  documento  di  circolazione
all'ufficio della motorizzazione civile  competente  per  territorio,
ordina l'immediata cessazione della circolazione del veicolo e il suo
trasporto e deposito in luogo non soggetto a pubblico passaggio. 
    Si applicano, in quanto compatibili,  le  disposizioni  dell'art.
213 (ndr. relative  al  sequestro).  Qualora,  entro  il  termine  di
centottanta giorni decorrenti dalla data della violazione, il veicolo
non sia immatricolato in Italia o non sia richiesto il rilascio di un
foglio di via per condurlo oltre i transiti di confine, si applica la
sanzione accessoria della confisca amministrativa ai sensi  dell'art.
213 ». 
    La « residenza », come defunta dall'art. 43 del codice civile,  «
e' nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale ». 
    Secondo  le  suddette  previsioni,  il  cittadino   europeo   che
soggiorna in maniera continuativa per  piu'  di  sessanta  giorni  in
Italia ha l'obbligo di immatricolare la propria auto  targata  in  un
altro Stato europeo, al fine di poterla utilizzare, in Italia  ovvero
di utilizzare in Italia esclusivamente auto targate in Italia. 
    Costituiscono  eccezioni  i  casi  in  cui  le  dette  auto  sono
intestate a delle imprese europee senza sede principale, secondaria o
di fatto in Italia e sono concesse in leasing o  in  locazione  senza
conducente a soggetti residenti in Italia, nonche' i casi in  cui  le
auto sono concesse in comodato d'uso,  sempre  e  solo  da  parte  di
imprese europee, a soggetti residenti in Italia e legati alle  stesse
da un rapporto di lavoro o di collaborazione. 
2. Giurisprudenza sul punto e pronunce della Suprema Corte. 
    L'art. 93, comma 1-bis del  codice  della  strada  e'  in  vigore
relativamente da poco tempo. 
    Nonostante le innumerevoli  contravvenzioni  elevate  sulla  base
della citata norma, soprattutto all'inizio dell'anno 2019,  risultano
poche le impugnazioni. 
    Tale dato  statistico  e'  indubbiamente  dovuto  alla  ulteriore
previsione normativa di cui all'art. 207, comma 3  del  codice  della
strada, secondo cui, in mancanza di pagamento immediato in loco della
contravvenzione (o  versamento  della  cauzione  -  alternativa  meno
illustrata dagli accertatori): 
        "viene disposto il fermo amministrativo del  veicolo  fino  a
quando non sia stato adempiuto il predetto onere e, comunque, per  un
periodo non superiore a sessanta giorni. 
    Il veicolo sottoposto  a  fermo  amministrativo  e'  affidato  in
custodia, a spese del  responsabile  della  violazione,  ad  uno  dei
soggetti individuati ai sensi del comma 1 dell'art. 214-bis". 
    Cio' tradotto in pratica significa che se il  "trasgressore"  non
paga immediatamente la contravvenzione nelle mani  degli  accertatori
l'auto  viene  sottoposta  a  fermo  amministrativo   e   quindi   il
"trasgressore" viene spossessato sul  posto  dalla  propria  auto  (e
lasciato letteralmente mezzo la strada ed a piedi). 
    Inoltre, la custodia dell'auto sottoposta a fermo  amministrativo
non puo' essere affidata al "trasgressore" (o  altre  persone  aventi
diritto sul mezzo), ma solo ai custodi autorizzati  ed  a  spese  del
"trasgressore" ed eventualmente dell'obbligato in solido. 
    Per  ovvie  ragioni,  quindi,  i  contravvenienti   decidono   di
effettuare il pagamento della contravvenzione immediatamente in loco. 
    Cio' significa, secondo le previsioni di cui agli articoli 203  e
204-bis del codice della strada, che i relativi  verbali  e  sanzioni
non possono essere piu' impugnati. 
    Un altro motivo per cui le impugnazioni sono relativamente  poche
e' che la categoria  colpita  (composta  soprattutto  da  persone  di
nazionalita' estera  -  non  italiana  e/o  abitanti  all'estero)  ha
maggiore difficolta' nel far valere i  propri  diritti  (a  causa  di
limiti linguistici, di informazione e di distanza). 
    Risultano a  conoscenza  del  presente  giudicante  tre  pronunce
rilevanti sul punto: 
        sentenza n. 846/2019 del 19 giugno 2019 del Giudice  di  Pace
di Reggio Emilia; 
        sentenza n. 123/2020 del 28 febbrio 2020 del Giudice di  Pace
di Pistoia; 
        ordinanza RG. n. 38850/2020 del 31 agosto 2020 del  Tribunale
di Roma. 
    Secondo la prima sentenza il Giudice di Pace di Reggio Emilia  ha
tenuto in debito conto l'elemento  soggettivo  della  contravvenzione
impugnata, sostenendo che: 
        "Infitta le ragioni esposte dal  ricorrente,  pur  contro  le
risultanze oggettive disponibili  (in  particolare  la  dichiarazione
della PG) bastano per confermare (almeno ai fini che qui interessano)
la versione fornita dal ricorrente stesso, in  particolare  circa  la
sussistenza di ragioni soggettive  particolare  di  cui  all'art.  3,
legge n. 689/81 e comunque l'insussistenza  dell'elemento  soggettivo
della violazione. 
    Lo parte ricorrente aveva la sede all'estero  e  pertanto  poteva
circolare. 
    Non ha forse esibito il documento alla PG. 
    Ma non e' possibile derubricare la violazione contestata. 
    O sussiste o non sussiste". 
    Secondo il citato Giudice la contravvenzione  doveva  dichiararsi
nulla, in quanto il ricorrente non poteva immaginare  la  sussistenza
delle disposizioni di cui alla normativa oggi contestata. 
    Il Giudice  di  Pace  di  Pistoia  va  oltre  cio'  e  decide  di
"interpretare" la norma in linea con la Costituzione,  anche  se,  ad
avviso  dello  scrivente,  di  fatto  si  e'   di   fronte   ad   una
disapplicazione della norma e non  di  una  semplice  interpretazione
conforme e quindi, anche per questa ragione,  sarebbe  opportuno  una
modifica del dettato normativo. 
    Il citato giudicante  ritiene  legittima  la  circolazione  della
ricorrente residente in Italia  con  l'auto  targato  in  Austria  di
proprieta' del marito residente in Austria, in quanto  le  previsioni
del comma 1-ter devono essere estese anche alle persone fisiche ed il
contratto di comodato d'uso e' da considerarsi implicito: 
        "... la vettura, come  dichiarato  dalla  ricorrente,  e'  di
proprieta' del marito, residente in Austria e che le ha  concesso  la
possibilita' di usarla in comodato gratuito. 
    Tale dichiarazione, seppur sfornita di documentazione  attestante
la veridicita' di quanto dichiarato,  non  e'  comunque  confutata  e
l'allegazione viene ritenuta fondata e rilevante ai  sensi  dell'art.
93, comma 1-ter dove si consente ad un veicolo straniero di circolare
in territorio italiano se e' stato concesso il  comodato  d'uso  come
nel caso di specie. 
    La vettura infine sottoposta a sequestro e' intestata  a  persona
diversa dalla conducente pertanto  la  contestazione  avrebbe  dovuto
essere fatta anche al proprietario  oltre  che  al  conducente  della
vettura il quale, non avendo alcun potere sul veicolo,  non  puo'  in
via autonoma provvedere a nessuno degli adempimenti  richiesti  dalla
legge per evitare la confisca, adempimenti  di  pertinenza  esclusiva
del proprietario che pero' e' residente e si trova all'estero. 
    Alla  luce  di  quanto  sopra  esposto  si  ritiene  pertanto  di
accogliere  il  ricorso  annullando  il  verbale   impugnato   e   la
conseguente sanzione accessoria del sequestro del veicolo". 
    Secondo il recentissimo provvedimento del Tribunale di Roma,  "la
vicenda,  vista  nel  suo  complesso,  non  costituisce   altro   che
espressione dei diritti di proprieta' - e della conseguente  facolta'
di disporre liberamente dei propri beni - e  di  libera  circolazione
sul territorio. Diritti che' risultano irrimediabilmente compromessi,
nel caso di specie, dall'applicazione  (corretta,  a  stretto  rigore
formale) dell'art. 93, comma 1-bis del codice della strada. 
    Che la norma pecchi di oggettiva irrazionalita',  sottoponendo  a
trattamento diverso condotte sostanzialmente analoghe e  giungendo  -
per una eterogenesi dei  fini  -  a  sanzionare  condotte  pienamente
lecite e meritevoli  di  tutela  da  parte  dell'ordinamento,  lo  si
capisce bene laddove  si  pensi  che,  nella  fattispecie  in  esame,
sarebbe bastato che il sig. ... affidasse  il  veicolo  ad  un  altro
cittadino straniero, o, comunque, ad un  soggetto  non  residente  in
Italia da piu' di 60 giorni, per non incorrere  in  alcuna  sanzione;
cosi'  come  appare  all'evidenza  irragionevole   ed   ingiustamente
discriminatorio, differenziare i casi di veicolo di proprieta' di una
societa' estera e quello di veicolo  di  proprieta'  di  una  persona
fisica straniera e residente all'estero, che pure potrebbe  avere  la
necessita' o l'interesse di affidarlo  (magari  solo  occasionalmente
(come in questo caso), ad un residente in Italia. 
    Tale irragionevolezza  della  norma  costituisce  violazione  del
criterio riconducibile all'art. 3 della Costituzione, come piu' volte
chiarito dalla Corte delle Leggi, e determina altresi' una lesione di
diritti fondamentali della persona, garantiti dalla Costituzione o da
norme di  rango  europeo  ed  internazionale,  quali  il  diritto  di
proprieta' ed il diritto di libera circolazione (...). 
    Sanzionare   la   circolazione   del    veicolo    legittimamente
immatricolato all'estero, sulla sola base del fatto che alla guida  -
peraltro temporanea - vi sia un soggetto diverso dal proprietario,  e
che  ha  residenza  stabile  in  Italia,  significa,   in   concreto,
comprimere tale facolta' di libera circolazione, essendo  diverse  le
ipotesi in cui il proprietario possa  avere  l'esigenza  di  affidare
occasionalmente il veicolo ad un terzo e che, pero',  non  rientrando
nelle deroghe al divieto di cui all'art.  93,  comma  1-ter  CdS  (si
pensi ai casi in cui il proprietario chieda ad  un'altra  persona  di
guidare il veicolo perche' e'  stanco  o  vittima  di  infortunio  o,
addirittura, perche' ha bevuto alcolici, onde  evitare  di  incorrere
nelle sanzioni di cui all'art. 186  CdS;  o  anche  alle  ipotesi  di
veicolo  detenuto  da  un  l'autofficina  per  riparazioni  o  da  un
garage/parcheggio per il deposito, ove il detentore  -  residente  in
Italia da piu' di 60 giorni - abbia la necessita' di farlo  circolare
su strada, ad esempio per verificare  malfunzionamenti  o  difetti  o
valutare l'efficacia delle riparazioni  effettuate,  o,  in  caso  di
custodia  presso  un  garage/parcheggio,  per  trasferirlo  o   anche
soltanto riconsegnarlo al proprietario nel luogo in cui si trova)". 
    Secondo la citata ordinanza, che il presente giudice  ritiene  di
condividere, la norma de quo sanziona in  maniera  del  tutto  palese
condotte lecite e meritevoli di tutela in totale contrasto con l'art.
3 della Carta costituzionale. 
    Non risultano pronunce della Suprema Corte sul punto. 
3. Motivi della rimessione della questione alla Corte costituzionale 
    Il presente giudice ritiene, ex art. 23, legge n. 87/1953, che vi
siano sussistenti dei ragionevoli dubbi circa la compatibilita' della
citata  normativa  con  la  Carta  costituzione  e  che  il  giudizio
principale  non  possa  essere   definito   indipendentemente   dalla
risoluzione della questione di legittimita'  costituzionale,  che  si
presenta, quindi, pregiudiziale rispetto al primo. 
    La  normativa  impugnata  appare  in  contrasto  con  i  seguenti
articoli e principi della Carta: 
  a) Articoli 3 e 42 della Costituzione: 
    a venire  in  evidenza  e',  anzitutto,  l'art.  3  Cost.,  sotto
molteplici aspetti. 
    1. 
    Il primo, e'  quello  della  disparita'  di  trattamento  tra  le
fattispecie previste ai commi 1-bis e 1-ter dell'art. 93. 
    Come si e' visto, infatti, la norma in questione, come  eccezioni
al divieto generalmente configurato al comma 1-bis,  al  comma  1-ter
consente la circolazione con  veicoli  immatricolati  all'estero,  da
parte di residenti da oltre sessanta giorni in Italia, solamente  nel
caso in cui il veicolo in questione risulta concesso in leasing o  in
locazione senza conducente da parte di un'impresa  costituita  in  un
altro Stato membro  dell'Unione  europea  o  dello  Spazio  economico
europeo che non ha stabilito in Italia una sede  secondaria  o  altra
sede effettiva, nonche' nell'ipotesi di veicolo concesso in  comodato
a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o
di collaborazione con un'impresa costituita in un altro Stato  membro
dell'Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che  non
ha stabilito in Italia una sede secondaria od altra sede effettiva. 
    In  sintesi   e'   consentila   la   circolazione   dei   veicoli
immatricolati  all'estero  solamente  nel  caso  in   cui   risultino
intestati ad imprese  estere  prive  di  sedi  in  Italia  e  che  da
quest'ultime  risultino  concessi   in   leasing,   locazione   senza
conducente o comodato d'uso a soggetti residenti in Italia. 
    Non puo'  non  evidenziarsi  come  il  principio  di  eguaglianza
sancito dalla norma costituzionale citata risulti violato  dal  punto
di vista della disparita' di trattamento. 
    Invero, come la Corte costituzionale insegna fin  dalla  sentenza
n. 53/1958, la vera eguaglianza  consiste  nel  trattare  in  maniera
eguale le situazioni eguali e in  maniera  differente  le  situazioni
differenti. 
    Ebbene, sotto tale profilo, appare irragionevole distinguere  tra
veicoli europei immatricolati all'estero  in  proprieta'  di  persone
fisiche residenti all'estero e in proprieta'  di  persone  giuridiche
con sede all'estero, in  quanto  si  tratta  pur  sempre  di  veicoli
immatricolati all'esterno e circolanti in Italia. 
    La situazione e', dunque, la stessa, e come tale, in  assenza  di
motivi    ragionevoli,    andrebbe    sottoposta    alla     medesima
regolamentazione. 
    Anche perche', in applicazione  dell'art.  93,  se  un  cittadino
straniero non potrebbe,  ad  esempio,  concedere  in  comodato  d'uso
gratuito o locare la propria vettura ad  un  cittadino  italiano,  al
contrario potrebbe  farlo  se  titolare  di  un'impresa  intestataria
dell'automobile. 
    2. 
    Quanto detto  offre,  peraltro,  lo  spunto  per  evidenziare  il
contrasto con l'art.  3  anche  sotto  il  profilo  della  intrinseca
irrazionalita' della normativa recata dal nuovo art. 93. 
    La norma, infatti, anzitutto, non pare agevolare il perseguimento
di quelle finalita' di  prevenzione  e  contrasto  alla  criminalita'
mafiosa che il Capo II, Titolo II, del "Decreto sicurezza",  nel  cui
ambito risulta collocata, mira a tutelare. 
    Ma, in ogni caso, se anche fosse,  comunque  non  pare  rilevante
nell'ottica della risoluzione del problema dell'esterovestizione  dei
veicoli, che e' il vero fine principale per cui e' stata  introdotta.
E', infatti, sufficiente prendere un  veicolo  con  targa  estera  in
leasing o in locazione senza conducente per  potervi  tranquillamente
circolare in Italia senza incorrere in alcun problema. 
    E non e' che in questo modo si  neutralizza  il  problema  legato
alle difficolta' di raggiungere simili mezzi, allorche' si tratti  di
procedere  alla  eventuale  riscossione  delle  somme  relative  alle
contravvenzioni al codice della strada. 
    Inoltre e' piuttosto  palese  che  la  norma  impugnata  sanzioni
comportamenti del tutto leciti e meritevoli di tutela giuridica. 
    Si pensi, ad esempio,  al  residente  estero  che  per  qualsiasi
ragione conceda la guida - spesso solo temporanea - del proprio mezzo
ad un residente da piu' di 60 giorni in Italia e non  rientrante  tra
le deroghe di cui al comma 1-ter (per es. perche' e' stanco o vittima
di infortunio  o,  addirittura,  perche'  ha  bevuto  alcolici,  onde
evitare di incorrere nelle sanzioni di legge o anche alle ipotesi  di
veicolo  detenuto  da  un'autofficina  per  riparazioni   o   da   un
garage/parcheggio per il deposito, ove il detentore  -  residente  in
Italia da piu' di 60 giorni - abbia la necessita' di farlo  circolare
su strada, ad esempio per verificare  malfunzionamenti  o  difetti  o
valutare l'efficacia delle riparazioni  effettuate,  o,  in  caso  di
custodia  presso  un  garage/parcheggio,  per  trasferirlo  o   anche
soltanto riconsegnarlo al proprietario nel luogo in cui si trova). 
    Inoltre, le  asserite  finalita'  della  norma  sono  chiaramente
apparenti, in quanto alla luce della cooperazione  amministrativa  ed
assistenza reciproca operante tra gli Stati membri, regolate da  note
Direttive e Regolamenti europei, non vi risulta alcuna difficolta' in
capo alle autorita'  italiane  ad  identificare  l'obbligato  e/o  il
responsabile delle eventuali  contravvenzioni  commesse  a  guida  di
un'auto targata in Europa e conseguentemente a riscuotere le relative
somme. 
    La citata cooperazione risulta anche concretamente  ineccepibile,
tanto e' vero  che  le  contravvenzioni  elevate  in  Italia  vengono
regolarmente notificate in qualsiasi altro Stato membro e viceversa. 
    Il  problema  della  riscossione  e'   anche   esso   palesemente
insussistente,  in  quanto  i  soggetti  sanzionati  risultano  tutti
residenti in Italia da piu' di 60 giorni e se sono insolventi li sono
a prescindere dalla targa italiana o estera della propria auto. 
    In ogni caso, le carenze organizzative della P. A. non possono di
certo pesare sui soggetti residenti che avrebbero  la  necessita'  di
condurre (a qualsiasi titolo o motivo) un'auto targata all'estero. 
    La problematica della  esterovestizione  deve  invece  riguardare
casi di evasione fiscale e nel caso in esame  l'unica  imposta  evasa
potrebbe essere la  tassa  automobilistica  di  proprieta',  prevista
dalla legge n. 190/2014. 
    Il fenomeno  della  esterovestizione  risulta  gia'  regolato  da
convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni che,  di
certo,  non  possono  essere  derogate  /   modificate   in   maniera
unilaterale. Il rimedio invece al  citato  illecito  dovrebbe  essere
l'accertamento  fiscale  (l'indagine  e  la  verifica  fiscale)   che
permette la valutazione  effettiva  della  sussistenza  dell'evasione
della tassa automobilistica, a sopratutto a seguito  di  accertamento
in contraddittorio della residenza fiscale del proprietario del mezzo
(ed assolutamente non del conducente). 
    Anche alla luce delle suddette ragioni il comma  1-bis  dell'art.
93 del CdS e' di evidente irragionevolezza ed inutilita' in relazione
alle finalita' che sostiene di inseguire. 
    3. 
    Ad ogni  modo,  le  criticita'  rispetto  all'art.  3  Cost.  non
finiscono qui. 
    Un ulteriore profilo di disparita' di trattamento, oltre a quanto
gia' detto, puo'  essere,  infatti,  rinvenuto  nell'irragionevolezza
della normativa recata dai comma  1-bis  e  1-quater,  in  quanto  la
normativa risultante finisce per  sottoporre  ingiustificatamente  ad
oneri, tanto per  i  cittadini  italiani  con  vettura  immatricolata
all'estero, quanto  per  i  cittadini  europei,  quella  liberta'  di
circolazione nello spazio unico europeo che, come visto, non dovrebbe
invece essere sottoposta a limitazioni, rispetto a quanto accade  per
i cittadini italiani con veicolo immatricolato in Italia. 
    Mentre, infatti, questi  ultimi,  una  volta  ottenuta  la  targa
italiana,  non  sono  sottoposti   ad   oneri   aggiuntivi,   potendo
liberamente circolare nel territorio italiano con il proprio veicolo. 
    Per contro il cittadino italiano o di altro Stato membro che  per
qualsiasi motivo (ad esempio, la doppia cittadinanza  e/o  residenza,
italiana e francese, italiana e spagnola, ecc.) abbiano immatricolato
all'estero la propria vettura, ivi sopportando i relativi costi, sono
obbligati a sopportarli di nuovo per poter  circolare  con  essa  nel
nostro territorio nazionale. 
    L'immatricolazione delle auto in Italia, come detto, comporta dei
rilevanti   costi   (imposte,   tasse,   nuova    revisione,    nuova
assicurazione) ed anche delle complicazioni burocratiche,  nonostante
l'auto rimanga intestata allo stesso proprietario e  non  vi  risulti
alcun trasferimento del bene in oggetto. 
    4. 
    E' da tener conto inoltre del profilo di  contrasto  che,  sempre
con l'art. 3 Cost., viene in evidenza se si ha riguardo alle sanzioni
prescritte per il caso di mancata ottemperanza al divieto sancito  al
comma 1-bis. 
    Si e' visto, infatti, come il comma 7-bis dell'art. 93 preveda la
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 712,00  ad
euro 2.848,00, oltre  al  sequestro  amministrativo  del  veicolo  ed
ulteriore pena, disposta per il caso in cui entro centottanta  giorni
decorrenti   dalla   data   della   violazione   non    si    proceda
all'immatricolazione del veicolo in Italia ovvero alla  richiesta  di
rilascio di un foglio  di  via  per  condurlo  oltre  i  transiti  di
confine, della confisca amministrativa dello stesso. 
    Tale previsione risulta inoltre in contrasto anche con l'art.  42
delle Costituzione che sancisce la garanzia della proprieta' privata. 
    Ebbene, rispetto alla condotta  che  la  norma  del  comma  1-bis
punisce, e che, si ripete, in se' non risulta affatto  criminosa  e/o
fraudolenta (non potendosi considerare tale  la  mera  conduzione  di
veicolo  con  targa  estera  nei  confini  nazionali),  le   sanzioni
prescritte dalla norma appaiono  irragionevolmente  spropositate,  se
non addirittura illegittime ed abusive. 
    Come noto, la Corte costituzionale  ha  avuto  modo,  in  plurime
occasioni, di pronunciarsi sulla proporzionalita' della  pena,  dalla
stessa assunta alla stregua di un limite alla discrezionalita'  delle
scelte legislative (cfr., ex multis, Corte  costituzionale,  sentenza
n. 236/2016). 
    Il giudice delle leggi si e', cioe', espresso in  materia  penale
nel  senso  dell'esigenza  di  proporzionalita'  del  sacrificio  dei
diritti fondamentali cagionata dalla pena rispetto all'importanza del
fine perseguito attraverso l'incriminazione. 
    Sotto tale angolo di visuale, dunque, e applicando  il  principio
in questione al caso di specie, mi  paiono  ragionevoli  i  dubbi  in
merito alla proporzionalita' tra l'importanza del fine di contrastare
il fenomeno dell'esterovestizione dei veicoli e la  sanzione  che  in
ipotesi potrebbe essere irrogata nella misura di euro 2.848,00, oltre
al  sequestro  ed  eventuale  confisca  del  veicolo  (in   ulteriore
contrasto, come detto,  anche  con  l'art.  42  della  Costituzione),
prevista dal comma 7-bis. 
    Dubbi che, a maggior  ragione,  devono  dirsi  sussistenti  anche
rispetto alla pena della confisca del veicolo prevista  per  caso  di
mancata immatricolazione  in  Italia,  una  volta  elevata  la  prima
contestazione e si ribadisce senza un  accertamento  effettivo  della
esterovestizione e quindi anche in presenza di una condotta del tutto
lecita. 
    Se si tiene in considerazione che la normativa e' e, credo, sara'
inevitabilmente diretta in larga parte a colpire cittadini  stranieri
in transito in Italia che potrebbero non conoscerla, o comunque avere
maggiori difficolta' nel  farlo,  mi  pare  tanto  piu'  evidente  la
sproporzione tra la condotta punita e la sanzione prevista. 
    A cio' si  aggiunge  la  gravissima  circostanza  secondo  cui  i
soggetti cittadini esteri e/o  residenti  all'estero  hanno  maggiore
difficolta' a vedersi garantita una effettiva tutela legale in Italia
a causa delle barriere linguistiche, di informazione  e  di  distanza
dalla propria permanente abitazione. 
  b) Articolo 77 della Costituzione. 
    Ad ogni modo, cambiando parametro di riferimento, mi pare che  le
disposizioni  introdotte  in  sede  di   conversione   del   "Decreto
sicurezza"  all'art.  93  del  codice  della  strada  possano  essere
astrattamente sindacate anche alla stregua dell'art.  77  Cost.,  per
carenza dei presupposti di attivazione della decretazione  d'urgenza,
nonche' per  carenza  del  requisito  dell'omogeneita'  delle  misure
introdotte con il decreto in questione. 
    Ora,  nel  preambolo  del  decreto-legge  n.   113/2018   si   fa
riferimento: 
        (i) alla "necessita' e urgenza di prevedere  misure  volte  a
individuare i casi  in  cui  sono  rilasciati  speciali  permessi  di
soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario, nonche' di
garantire  l'effettivita'  dell'esecuzione   dei   provvedimenti   di
espulsione", 
        (ii) alla "necessita' e urgenza di adottare nonne in  materia
di revoca dello status di protezione  internazionale  in  conseguenza
dell'accertamento della commissione di gravi reati e di norme  idonee
a scongiurare il  ricorso  strumentale  alla  domanda  di  protezione
internazionale, a razionalizzare il ricorso al Sistema di  protezione
per i titolari di protezione internazionale e per i minori  stranieri
non  accompagnati,  nonche'  di  disposizioni  intese  ad  assicurare
l'adeguato   svolgimento   dei   procedimenti   di   concessione    e
riconoscimento della cittadinanza", 
        (iii) alla "straordinaria necessita' e urgenza di  introdurre
norme  per  rafforzare  i  dispositivi  a  garanzia  della  sicurezza
pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo  e
della criminalita' organizzata di tipo mafioso, al miglioramento  del
circuito  informativo  tra  le  Forze  di   polizia   e   l'Autorita'
giudiziaria e alla prevenzione e  ai  contrasto  delle  infiltrazioni
criminali  negli  enti  locali,  nonche'  mirate  ad  assicurare   la
funzionalita' del Ministero dell'interno" e 
        (iv) alla "straordinaria necessita' e urgenza  di  introdurre
strumenti finalizzati a migliorare l'efficienza  e  la  funzionalita'
dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e  la  destinazione  dei
beni  sequestrati  e  confiscati   alla   criminalita'   organizzata,
attraverso il rafforzamento della sua organizzazione, nell'intento di
potenziare le attivita' di contrasto alle organizzazioni criminali". 
    Dall'elemento  della  collocazione,  in  sede   di   conversione,
dell'art. 29-bis  recante  "Modifiche  al  codice  della  strada,  in
materia di circolazione  di  veicoli  immatricolati  all'estero",  di
modifica dell'art. 93 del  codice  della  strada,  dei  commi  1-bis,
1-ter, 1-quater, 7-bis e 7-ter, deve  desumersi  che  il  profilo  di
necessita' ed urgenza sotteso alla  previsione  della  disciplina  da
esso recata sia quello indicato al punto (iii), ossia quello relativo
alla lotta al terrorismo e  alla  criminalita'  organizzata  di  tipo
mafioso. 
    Se cosi' stanno le cose,  al  di  la'  dell'inconferenza  tra  la
materia regolata e simili esigenze, non si riesce comunque a cogliere
il presupposto giustificativo del puntuale  intervento  normativo  di
cui si discute. 
    Come noto, infatti, il governo puo' ricorrere allo strumento  del
decreto-legge allorche' sia  urgente  provvedere,  ovvero  quando  la
questione da affrontare sia imprevedibile, ossia nel momento  in  cui
risponda a un caso straordinario. 
    Escludendosi, per  evidenti  ragioni,  tale  fattispecie,  rimane
quella  dell'urgenza  del  provvedere  che,  tuttavia,  nel  caso  in
questione, pare difficile cogliere. 
    Perche' risultava in quel momento urgente dettare una  disciplina
sull'utilizzo in Italia di veicoli  immatricolati  all'estero  quando
fino ad allora mai si era  avvertita  l'esigenza  di  intervenire  in
materia, nonostante fosse noto il fenomeno dell'esterovestizione  dei
veicoli? 
    La domanda  e'  destinata,  per  il  momento,  a  rimanere  senza
risposta. 
    Sotto altro profilo, poi, come anticipato, si puo' far  questione
anche per cio' che concerne il profilo dell'omogeneita' nel  rapporto
tra decreto-legge e legge di conversione. 
    Quello dell'omogeneita' delle  disposizioni  del  decreto  e'  un
vincolo che la Corte ha mostrato di ritenere implicitamente  previsto
dall'art. 77 della Cost.  e  che  risulta  espressamente  contemplato
dall'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. 
    Tale disposizione, infatti, "la' dove prescrive che il  contenuto
del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo  e  corrispondente
al titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango  costituzionale,
e non potendo quindi assurgere a  parametro  di  legittimita'  in  un
giudizio davanti a questa  Corte,  costituisce  esplicitazione  della
ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 della Costituzione, il
quale  impone  il  collegamento  dell'intero  decreto-legge  al  caso
straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il  Governo  ad
avvalersi  dell'eccezionale  potere   di   esercitare   la   funzione
legislativa senza previa delegazione da parte del  Parlamento"  (cfr.
Corte cost., sentenza n. 22/2012). 
    Ora, il requisito dell'omogeneita' del decreto-legge  vale  anche
rispetto alle modifiche che il Parlamento puo' introdurre in sede  di
conversione, nel senso che legge puo' si' modificare il contenuto del
decreto-legge, sopprimendo, modificando o  aggiungendo  disposizioni,
ma'a patto, pero',  di  rimanere  all'interno  dei  confini  di  quel
contenuto originario. 
    Il  mancato  rispetto  di  simili  limiti  rende  la   legge   di
conversione, pro parte, illegittima. 
    Ebbene, sotto tale profilo, se, come si e' detto, si e'  scettici
sul fatto che i nuovi commi 1-bis, 1-ter, 1-quater,  7-bis  e  7-ter,
aggiunti all'art. 93 del codice della strada,  afferiscano  realmente
ad esigenze di lotta al terrorismo e alla criminalita' organizzata di
tipo mafioso, ecco  allora  che  l'art.  29-bis  del  decreto,  quale
aggiunto in  sede  di  conversione,  pare  andare  al  di  la'  delle
finalita' perseguite dal "Decreto  sicurezza",  configurandosi  quale
norma rispetto ad esso eterogenea, e quindi illegittima. 
  c) Articoli 11, 41 e 117 della Costituzione 
    Da ultimo, considerati i dubbi sopra espressi in ordine alla  non
conformita' del nuovo art. 93 con talune disposizioni  contenute  nel
TFUE, della norma potrebbe dubitarsi, sotto tale  specifico  profilo,
anche in ordine agli articoli 11 e 117 Cost., nella parte in  cui  si
prevede l'obbligo per lo  Stato  italiano  di  rispettare  i  vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    A tal fine si fa rilevare che la possibilita' di potere  disporre
di una auto  nello  spazio  europeo,  considerata  la  necessaria  ed
inevitabile carattere mobile e dinamico  della  maggior  parte  delle
attivita' umane, e' di estrema importanza. 
    Qualsiasi limitazione nell'utilizzo di un'auto, soprattutto sulla
base della nazionalita' della  stessa,  comporta  inevitabilmente  la
limitazione di diritti,  di  alcuni  cittadini  europei,  all'interno
dello spazio europeo. 
    Per  tale  motivo,  la  questione  de  quo,   risulta   rivestire
importanza anche a livello comunitario. 
    Secondo le  previsioni  della  norma  nazionale  in  esame,  alle
persone che risiedono in  Italia  per  piu'  di  sessanta  giorni  E'
VIETATO L'UTILIZZO di un'auto targata in  un  altro  Stato  dell'U.E.
indifferentemente a chi sia intestata. 
    Per tale motivo i cittadini europei che intendono risiedere  piu'
di sessanta giorni in Italia, al fine di evitare le ingenti  sanzioni
previste, sono obbligati, come detto, ad: 
        1.  immatricolare  la  propria  auto  targata  all'estero  in
Italia; 
        2. o, in  alternativa,  trasportare  (esportare)  l'auto  nel
paese d'origine,  mediante  una  procedura  per  niente  semplice  ed
immediata. 
    La nazionalizzazione di una auto  in  Italia,  oltre  alle  spese
d'immatricolazione  ed  oltre   alla   piuttosto   complessa   strada
burocratica, obbliga il soggetto  interessato  a  far  ispezionare  e
revisionare  l'auto  nuovamente  in  Italia,  a   pagare   la   tassa
automobilistica in Italia anche per l'anno in corso per il  quale  la
corrispondente tassa / imposta  e'  stata  gia'  versata  all'estero,
nonche' e soprattutto di acquistare una nuova polizza assicurativa di
una Compagnia italiana. 
    La norma ha  conseguentemente  un  effetto  protettivo  verso  le
Compagnie assicurative interne,  notoriamente  molto  care  e  "fuori
mercato" (e potrebbe essere il motivo per  cui  molte  persone  hanno
scelto di non immatricolare le proprie auto in Italia). 
    Tale protezionismo occulto e' palesemente  in  contrasto  con  il
mercato unico e con la politica di concorrenza dell'UE. 
    La procedura di esportazione prevede, invece, la  consegna  della
carta di  circolazione  e  delle  targhe  alla  competente  autorita'
italiana  (alla  Motorizzazione),  la  quale  rilascia  un  documento
provvisorio e delle targhe provvisorie, con  le  quali  e'  possibile
trasportare nel paese d'origine il veicolo. 
    Le  nuove  targhe  devono   essere   necessariamente   nuovamente
assicurate, mentre la carta di circolazione e  le  targhe  originarie
potranno essere ritirate  presso  l'autorita'  competente  del  paese
d'origine dopo un lunghissimo tempo di attesa (di qualche mese - 3-4,
ma anche 6). 
    Si fa rilevare inoltre una circostanza piuttosto  grave,  che  il
documento provvisorio  e  le  targhe  provvisorie  non  hanno  alcuna
validita' legale fuori dai confini italiani e conseguentemente queste
auto dovranno transitare Paesi membri illegittimamente ed i  soggetti
interessati  rischiando  ulteriori  sanzioni  anche  da  parte  delle
relative autorita' estere. 
    Risulta piuttosto palese che le suddette operazioni presuppongono
costi  e  disagi  rilevanti,  nonche'  una  significante   tempistica
burocratica, come gia' esposto anche sopra. 
    Per  tale  motivo,  la  norma  in  esame,  potrebbe,  in  maniera
indiretta e/o "materiale": 
        da una parte, discriminare i cittadini europei in  base  alla
loro nazionalita' e 
        dall'altra parte limitare il diritto degli stessi alla libera
circolazione  e  soggiorno,  limitare  la  libera  circolazione   dei
lavoratori subordinati ed il diritto di libero stabilimento e  libera
prestazione di servizi. 
    Sulla  discriminazione:  la  norma  nazionale   potrebbe   quindi
risultare discriminatoria, in quanto gli italiani  (i  quali  vivendo
gia' in Italia  hanno  gia'  un'auto  immatricolata  in  Italia)  non
dovranno sostenere ulteriori spese e/o  subire  ulteriori  disagi  al
fine di potere soggiornare / continuare di soggiornare in Italia (per
qualsiasi motivo) per piu' di sessanta giorni consecutivi. 
    Mentre gli altri cittadini europei, al fine di potere soggiornare
in Italia  (per  motivi  professionali,  lavorativi,  di  studio  e/o
semplicemente per vacanza), per piu'  di  sessanta  giorni,  dovranno
sostenere  spese  rilevanti  ed   affrontare   relativamente   lunghe
procedure burocratiche. 
    D'altra parte, gli italiani che intendono soggiornare per piu' di
sessanta giorni in un altro Paese  europeo  (per  qualsiasi  motivo),
hanno il diritto e la possibilita'  di  utilizzare  nel  detto  Paese
europeo le  proprie  auto  immatricolate  in  Italia,  in  quanto  in
nessun'altro   Stato   europeo   e'    previsto    l'obbligo    della
nazionalizzazione della auto dopo cosi' breve tempo. 
    Tale fatto potrebbe creare una situazione di disparita'. 
    Inoltre, se tutti i  Paesi  europei  introdurrebbero  una  simile
norma si creerebbe una situazione insostenibile e di impasse (e delle
interminate file alla Motorizzazione) ed anche alla  luce  del  fatto
che un cittadino europeo spesso risulta  residente  in  piu'  di  uno
Stato europeo. 
    Sulla limitazione del diritto di libera circolazione e soggiorno,
libera circolazione dei lavoratori subordinati, libero stabilimento e
libera prestazione di servizi  nello  spazio  europeo:  L'obbligo  di
immatricolare le  auto  in  Italia  (dopo  un  periodo  di  soggiorno
oggettivamente molto breve - sessanta giorni),  potrebbe  limitare  i
cittadini europei nell'esercizio delle  loro  liberta'  previste  dal
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articoli 18, 21,  26,
45, 49-55, 56-62 del TFUE). 
    Si indicano quale esempio i lavoratori stagionali, i  quali,  per
motivi lavorativi, soggiornano in Italia per non piu' di  3-4-5  mesi
all'anno (per esempio l'istruttore di sci o il cuoco in Trentino Alto
Adige nella stagione invernale). 
    Detti lavoratori, dopo due mesi, dovrebbero immatricolare la loro
auto in  Italia  e  successivamente  al  rientro  nel  proprio  Paese
d'origine dovrebbero reimmatricolarla. 
    Tale  procedura,  oltre   ad   essere   antieconomica,   potrebbe
effettivamente impedire o quantomeno limitare il diritto alla  libera
circolazione dei lavoratori nello spazio europeo ed in particolare in
Italia. 
    Il ragionamento e' analogo anche in relazione  al  soggiorno  per
motivi di studio  o  vacanze  che  durano  piu'  di  sessanta  giorni
consecutivi o per quanto riguarda la situazione dei professionisti  /
societa' che hanno necessita' di svolgere  un  lavoro  /  offrire  un
servizio in Italia che potrebbe durare  piu'  di  sessanta  giorni  e
successivamente desiderano rientrare nel proprio Paese d'origine. 
    La norma italiana in esame potrebbe effettivamente portare  detti
soggetti a rinunciare alle relative facolta' e  di  orientarsi  verso
altri Paesi che non prevedono simili limitazioni. 
    Per le ragioni di cui sopra risultano violati anche gli  articoli
11, 41 e 117 della Costituzione. 
  d) Articolo 10 della Costituzione 
    Al fine di regolare  la  "esterovestizione"  ovvero  al  fine  di
stabilire la  residenza  fiscale  di  un  soggetto  ed  il  Paese  di
tassazione dei beni e dei redditi esistono apposite "Convenzioni  per
evitare la doppia imposizione", sulla  base  del  Modello  OCSE,  fra
tutti i Paesi europei. 
    Dette Convenzioni,  di  sicuro,  non  possono  essere  modificate
mediante semplici norme interne.